Tra satira e saggio critico. Tra iperconnessione mordi e fuggi, e uno spazio di ampio respiro per l’approfondimento. Il linguaggio di Hito Steyerl (Monaco di Baviera, 1966) colpisce nel segno. Ci parla della nostra vita e dei flussi digitali, a diverse velocità, cui è sottoposta.
L’obiettivo è disinnescare, sabotare i mezzi digitali, per svelarci i meccanismi alla George Orwell in cui siamo immersi. Grazie all’originalità e all’attualità del suo messaggio, nel 2017 l’artista tedesca di origini giapponesi è stata al vertice della lista dei potenti dell’arte per la rivista inglese ArtReview. Ha esposto dalla Biennale di Venezia a Manifesta, da Documenta a Skulptur Projekte.
Oggi
il Centre Pompidou a Parigi le dedica una grande mostra. Organizzata in
collaborazione con il K21 di Düsseldorf, I
Will Survive, come recita il titolo, racconta l’evoluzione della sua
ricerca negli ultimi 10 anni attraverso videoinstallazioni multimediali e
immersive. L’uso insistito della tecnologia induce a riflettere
sull’influsso che questa ha sulle nostre vite, anche in termini di controllo e
di sorveglianza globale. Alcuni lavori sono storici, altri concepiti per
l’occasione. Ormai cult sono per esempio How not to be seen (2013) e Factory
of the Sun (2015). La prima ci
appare come un video tutorial. L’artista spiega come scomparire dai radar
digitali che invadono il nostro quotidiano, dai social network ai motori di
ricerca. Il secondo, invece, è una denuncia dello strapotere dei data center.
È
curioso come, a seguito dell’incendio dell’hub OVH di Strasburgo, a marzo
scorso, proprio i dati dell’esposizione di Hito Steyerl, insieme a tutto il
sito del museo, che in quel luogo riponeva il suo server, siano rimasti
oscurati per giorni. L’attualità sembra diventata il miglior trailer della
mostra. La concentrazione delle informazioni e la conservazione della
nostra memoria sono davvero in pericolo? L’incubo è diventato realtà?
Hito Steyerl. I will survive
Centre Pompidou, Parigi
19 maggio – 5 luglio 2021
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