La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Sez. 2°, con Sentenza n. 1733 del 12 Aprile 2022 pone un orientamento tanto innovativo quanto “devastante” sul piano tributario.
In breve, la CTR afferma che un immobile, posseduto in comproprietà da due coniugi, locato con un Contratto stipulato da uno solo di essi (precisamente, la moglie), genera tassazione per l’intero solo sul comproprietario che risulta formalmente “Locatore”, avendo pertanto l’Agenzia delle Entrate ben agito nel recuperare a tassazione la metà dei canoni non dichiarata dal Locatore.
Tale orientamento è in totale contrasto con il dettato normativo (art. 26 TUIR) che prescrive “I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’articolo 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso.” e “Nei casi di contitolarità, della proprietà o altro diritto reale sull’immobile o di coesistenza di più diritti reali su di esso il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto”.
La CTR interpreta tale (apparentemente, chiarissimo) dettato normativo nel senso di vederlo riferito solo ai redditi “catastali” puri e non anche a quelli da locazione.
La stessa Agenzia delle Entrate (che in questo caso ha resistito, vittoriosamente, sia in CTP che in CTR alle istanze della contribuente), aveva precisato nella Circolare 20/E/2012 (Risposta n. 6), che «nel caso di un immobile in comproprietà, il contratto di locazione stipulato da uno solo dei comproprietari esplica effetti anche nei confronti del comproprietario non presente in atti che, pertanto, è tenuto a dichiarare, ai fini fiscali, il relativo reddito fondiario per la quota a lui imputabile».
Ed in effetti, dal 19/09/2017 nel Modello RLI (che si utilizza per registrare i Contratti), è appositamente previsto l’inserimento di tutti i comproprietari dell’immobile locato, con l’introduzione, per coloro che tra essi non avessero stipulato il Contratto, di un apposito “check” indicante la qualifica di “Soggetto non presente in Atto” il quale, in tal modo, pur non risultando formalmente “Locatore” nel Contratto (e quindi non avendolo materialmente stipulato e sottoscritto) dovrà però subire l’imposizione fiscale sulla propria parte di canone in base all’art. 26 TUIR (motivo per cui va compilato il suddetto campo del Modello RLI). E non solo: nel caso di immobili abitativi, costui dovrà anche effettuare la relativa scelta in merito alla propria Opzione per la Cedolare Secca, optandola o viceversa non optandola in modo “esplicito”. Un vero e proprio controsenso, posto che secondo la CTR Lazio il “Soggetto non presente in Atto” non dovrebbe essere minimamente investito del problema della tassazione.
Quindi, delle due l’una: o l’Agenzia delle Entrate considera corretto che l’individuazione dei soggetti tassati coincida semplicemente con i Locatori formalmente individuati in atto, ed in tal caso il Mod. RLI (da essa stesso creato) avrebbe un’indicazione (Soggetti non presenti in Atto) incongruente e priva di qualunque effetto (e lo stesso dicasi per la necessità di esplicitare le proprie scelte in materia di Cedolare), oppure, a nulla rilevando fiscalmente il formale Locatore ma dovendosi attribuire il reddito pro-quota a tutti i comproprietari (come disposto dall’art. 26 TUIR), è necessario compilare, a tali fini, il Mod. RLI anche con i “soggetti non presenti in Atto”, compilazione che assume in tal caso importanza assoluta.
Nel secondo caso, la sentenza della CTR non coglie nel segno (a fortiori la difesa dell’AdE che contraddice la sua stessa Circolare 20/E/2012).
Ci auguriamo che la Cassazione possa fare chiarezza su quella che prima facie appare come una forzatura, in contrasto con quanto pacificamente da sempre posto in essere dai contribuenti.
Avv. Maria Capozza
Centro Studi Confabitare – Delegazione di Roma