L’ articolo 1121 del Codice Civile, Titolo VII, Capo II sui condomini afferma che: “Qualora l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la
maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa. Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera”.
In deroga al predetto articolo, il cui aggiornamento viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 17/06/2019 n.140, viene affermato che ogni intervento di recupero di un immobile che ha più unità immobiliari può essere disposto alla maggioranza dei condomini che devono rappresentare almeno la metà del valore dell’edificio. Inoltre, gli interventi che sono previsti devono essere approvati con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio.
Con il DL Rilancio che ha lanciato il Superbonus 110%, uno tra gli interventi più richiesti è sicuramente il cappotto termico. Ma cosa succede quando un condominio delibera un intervento di isolamento termico che non coinvolge una parte di esso, ad esempio i piani interrati? Possono i proprietari di queste parti opporsi al pagamento delle spese come da ripartizione effettuata dall’amministratore di condominio?
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Cappotto termico in condominio: come si ripartiscono le spese?
Il caso. Un condominio ha disposto l’intervento per coibentare delle facciate con il cappotto termico. Questo lavoro non interessava i piani interrati di proprietà dei ricorrenti, che non si sono opposti alla delibera di approvazione dell’intervento, ritenendo che non si sarebbe operato nella parte coinvolta nella loro proprietà. Questione poi contestata nel momento in cui è avvenuta la ripartizione delle spese che li coinvolgevano.
Quindi, i ricorrenti, con due diversi giudizi, poi riuniti, impugnavano due delibere assembleari con le quali erano ripartite le spese straordinarie sostenute fra i condomini per coibentare l’involucro dell’immobile.
A questo punto, dai ricorrenti veniva chiesto l’accertamento per il pagamento avvenuto ad opera di terzi e l’indebita pretesa di contribuzione da parte del condominio. Inoltre, si richiedeva la restituzione di quanto già corrisposto a seguito di intimazione di decreto ingiuntivo. Ma il Tribunale ha respinto respinto tutte le domande, così come la sentenza della Corte d’appello territorialmente competente.
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I motivi presentati nel ricorso
Da qui è partito il ricorso, contro questa sentenza, articolandolo in 8 motivi. Ecco i più rilevanti:
- gli interventi fatti per la realizzazione del cappotto termico consistevano in innovazioni gravose e voluttuarie, le cui spese dovevano ripartirsi ai sensi del predetto art. 1121 del Codice Civile, dal momento che non avrebbero coinvolto i piani interrati, di cui erano titolari i ricorrenti;
- i ricorrenti non avevano impugnato la delibera di approvazione delle opere poiché non avevano interesse in quanto, essendo i proprietari dei magazzini interrati e non avendo diritti reali su nessuna delle unità immobiliari soggette all’intervento di coibentazione. Riguardo a tale delibera, si dice che: “non imputava loro alcuna spesa, limitandosi ad approvare, quale presupposto necessario per la loro esecuzione, i lavori di installazione del cappotto“;
- la Corte d’ Appello avrebbe affermato che era onere dei ricorrenti di provare un ” eventuale autonomia strutturale dei locali di proprietà rispetto al corpo condominiale”. I quali hanno ribattuto invece che era “documentalmente provato (…) che i locali de quibus sono strutturalmente autonomi e che non beneficiano – non potendo beneficiarne né potenzialmente né effettivamente – della coibentazione“;
- trattandosi di “interventi sui muri perimetrali” di “tinteggiatura, conseguente all’applicazione del cd. cappotto e riposizionamento delle grondaie“, e dunque di “spese comunque comuni a tutti i condomini“, la Corte d’Appello non ha considerato la mancata dimostrazione di un “miglioramento del decoro architettonico di cui avrebbe beneficiato la facciata dell’edificio“, miglioramento, anzi, smentito dalle risultanze istruttorie.
L’esito in sintesi
La Cassazione con la predetta Ordinanza n. 10371 del 20 aprile 2021, ha bocciato tutti i motivi presentati e ha rigettato il ricorso. Ma con quali argomentazioni? Vediamo in dettaglio.
Il cappotto termico: intervento con lo scopo di migliorare l’efficienza energetica dell’immobile
La Cassazione parte dal fatto che si tratta di un intervento di miglioramento dell’efficienza energetica del condominio che consiste nella realizzazione di un isolamento termico delle superfici che interessano l’involucro dell’edificio (cosiddetto “cappotto termico“), nonché nell’ esecuzione delle collegate opere accessorie e di ripristino della facciata, intervento che può essere agevolato anche sotto il profilo fiscale ( per esempio con il Superbonus 110%).
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L’intervento era stato approvato con delibera condominiale e con altri due atti con i quali si era disposta la ripartizione delle spese per l’innovazione precedentemente deliberata.
La Corte d’appello ha affermato che l’intervento in oggetto non poteva definirsi come innovazione gravosa e/o voluttuaria, ai sensi del predetto art. 1121, in quanto: “i lavori di coibentazione eseguiti permettono un risparmio energetico che compensa l’investimento iniziale e producono un costo parzialmente detraibile fiscalmente”.
I ricorrenti avrebbero dovuto manifestare esplicitamente il dissenso in assemblea in modo da impugnarsi la delibera. Mentre, al contrario venne approvato il preventivo dell’impresa appaltatrice all’unanimità.
Di conseguenza, ha trovato validità l’art. 1123, quindi le spese erano da sostenere da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.
Anche i piani interrati godono dei benefici del cappotto
La realizzazione del cappotto termico, con lo scopo di migliorare l’efficienza energetica del condominio, non dà luogo ad opera che possa ritenersi suscettibile di utilizzazione separata. Inoltre, si continua dicendo che il lavoro non è destinato all’utilità o al servizio esclusivo dei condomini titolari di unità immobiliari che non comprendono i locali interrati del fabbricato, come sostenuto dai ricorrenti. Quest’ opera va inserita tra quelle destinate al vantaggio comune e godute dall’intera collettività condominiale, inclusi i proprietari dei locali interrati serviti da autonomo ingresso (art. 1117, n. 3, c.c.). Pertanto non sono destinati al servizio dei condomini in misura diversa, privilegiando alcuni rispetto altri.
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La deliberazione della ripartizione delle spese
A differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, la Corte d’appello, ha affermato che la prima delibera del 2011 assumeva valenza costitutiva dell’obbligo gravante sui ricorrenti per la contribuzione alle spese di coibentazione del fabbricato, rispetto le successive due deliberazioni presentate.
Inoltre, la Cassazione ha ricordato che la deliberazione assembleare quando approva un intervento di ristrutturazione delle parti comuni, ha un duplice oggetto:
- l’approvazione della spesa, che significa che l’assemblea ha riconosciuto la necessità di quella spesa in quella misura;
- la ripartizione della spesa tra i condomini, con riguardo alla quale la misura del contributo dipende dal valore della proprietà di ciascuno o dall’uso che ciascuno può fare della cosa.
Assume valore costitutivo della obbligazione di contribuzione alle relative spese l’approvazione assembleare dell’intervento, quando si tratta di innovazioni o di lavori di manutenzione straordinaria. La ripartizione precisa il contributo di ciascuno e ha valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge (o da un’eventuale convenzione).
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Per quanto riguarda il motivo sul decoro architettonico, si ricorda che una delibera che disponga un’ innovazione diretta al miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato non deve essere volta necessariamente anche al “miglioramento del decoro architettonico” della facciata, essendo, al contrario, l’eventuale alterazione del decoro architettonico un limite imposto alla legittimità dell’ innovazione (art. 1120, ultimo comma, c.c.).
In conclusione, gli 8 motivi presentati sono stati considerati inammissibili (tra cui il sesto evidentemente infondato), per cui il ricorso è stato rigettato, con condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese di lite in favore della parte contro ricorrente.
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Articolo pubblicato da ediltecnico.it