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C’era una volta l’osteria..e c’è ancora

21/05/2021 – Lo Studio Svetti Architecture, guidato da Emanuele Svetti, firma ad Arezzo l’Osteria Moderna, una rivisitazione dell’osteria tradizionale, storicamente un punto di ritrovo per i paesani e luogo dove i viaggiatori potevano trovare ristoro.
Il nuovo locale che ha aperto i battenti l’8 aprile 2021 anche se il concept del progetto risale a cinque anni fa.

Per Osteria Moderna, il colore è stato il punto di partenza del progetto, il rosso, una tonalità cromatica cara alla città, usato nei toni avvolgenti dell’amaranto, che si palesa all’interno del locale in modalità “full-color”. 

“Un tocco di rosso fa più effetto di una secchiata d’acqua, amava ricordare Matisse – spiega Svetti – il rosso attrae, in qualche maniera “attacca”, in poche parole è quanto di meglio esista, per comunicare visivamente, il rosso è il colore dell’energia, ma anche quello del vino tanto caro alla mia terra, è potenza ed emozione; non a caso è anche uno dei colori più amati ad Arezzo, la città dei “botoli ringhiosi”, come furono appellati i cittadini da Dante in tono coloritamente dispregiativo all’interno della Divina Commedia” .

Nella morfologia, come nella ripartizione degli spazi, c’è un richiamo all’osteria tradizionale. Come accadeva in passato, anche all’Osteria Moderna, si viene accolti nell’area “mescita”, che oggi come allora funge da filtro tra chi desidera fermarsi per una breve pausa e chi invece è in cerca di un luogo dove potersi accomodare.
Come era tipico delle osterie, la zona ristorazione era nascosta all’occhio del passante, ma soprattutto divisa dall’area bar dove si giocava a carte e si beveva in compagnia. In questo caso, la zona caffetteria è il primo filtro, dotato di angoli snack che garantiscono confort anche a chi si ferma soltanto per fare colazione o degustare un tagliere di norcinerie in pausa pranzo. 

Attraverso un sistema di setti metallici, realizzato su disegno dello studio, si accede quindi all’area ristorante, dove si può consumare un pasto in un’atmosfera elegante e rarefatta, caratterizzata dal colore uniforme dell’ambiente su cui si integrano, con un uso calibrato, quasi come incisi, elementi metallici ed inserti in cemento.

Il locale è dotato di 90 coperti distribuiti su una metratura di 350 metri quadrati, decisamente più grande rispetto ad un’osteria tradizionale, dove il numero di coperti e gli spazi erano molto più limitati. 

Realizzato come fosse una superficie continua, il pavimento del locale è in resina epossidica, con inserti realizzati in graniglia decorata e ad effetto terrazzo alla veneziana, che creano un mix materico-cromatico anticonvenzionale. Al centro della area ristorante un tappeto realizzato con cementine su disegno in tre tonalità di grigio crea un’ inaspettata variante cromatica, ma anche un punto di attrazione all’interno dell’ambiente, grazie al contrasto deciso scelto dallo Studio.  

I tavoli in metallo, dalle linee rigorosamente minimal accolgono un piano in cemento grigio levigato, a ricordo e rielaborazione dei vecchi arredi delle trattorie dove il legno ed il marmo la facevano spesso da padrone. Il loro dimensionamento e la variante di posizionamento, consentono un utilizzo poliedrico dell’ambiente, che a seconda delle evenienze può divenire una moderna sala banqueting, con tavoli conviviali, ed essere al contempo in linea con tutte le normative post-pandemiche che obblighino distanziamenti tra tavoli. 

Completano il locale le quinte in cotto realizzate su disegno, la teatrale bottigliera in lamiera brunita, sfondo alla sala ristorante, e il bancone rivestito in vetro cannettato e argentato, incastonato su un telaio di metallo calamina.

Articolo pubblicato da archiportale.com

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